Madonna con il Bambino
Il dipinto è ricordato per la prima volta nel 1834 all’interno del Palazzo Comunale, poi nel 1867 fu trasferito nella Pinacoteca, allora allestita in una sala della Biblioteca Comunale, dove venne esaminato dai commissari governativi Cavalcaselle e Morelli che stavano catalogando le opere d’arte di Marche e Umbria. Gli stessi riferivano che l’opera era stata oggetto di restauri sul fondo e sugli orli per essere apposta su un’altra tela al fine di assicurarne la conservazione. Un’iscrizione che fino al restauro del 2022 era incollata sul retro del quadro, riporta la data 1470, il nome del pittore veneto e della città di Fermo.
La tela, caratterizzata da un intimo legame psicologico intessuto tra la Vergine, il Bambino e lo spettatore, reca ancora le tracce di un’incorniciatura ovale ottocentesca che fu rimossa nel 1914. Maria, con lo sguardo rivolto all’osservatore, sorregge il Bambino il quale le si avvicina teneramente infilando la mano al di sotto del prezioso mantello riccamente decorato su cui risalta la Stella di Betlemme, l’ottogramma, che rimanda all’equilibrio tra spirito e materia.
Da segnalare che in seguito al restauro effettuato in occasione della mostra ‘Le relazioni meravigliose’ (Macerata, 2022-2023) è emerso che l’opera, diversamente da quanto si era sempre supposto, non è mai stata eseguita su tavola, ma fin dall’origine su tela: si tratterebbe dunque dell’unico lavoro documentato su tela eseguito da Carlo Crivelli.
Carlo Crivelli
Madonna con il bambino, 1470
Tempera e oro su tela, 59×40 cm
Musei Civici di Palazzo Buonaccorsi
Via Don Giovanni Minzoni, 24
Macerata (MC)
Madonna con il Bambino
Il dipinto è ricordato per la prima volta nel 1834 all’interno del Palazzo Comunale, poi nel 1867 fu trasferito nella Pinacoteca, allora allestita in una sala della Biblioteca Comunale, dove venne esaminato dai commissari governativi Cavalcaselle e Morelli che stavano catalogando le opere d’arte di Marche e Umbria. Gli stessi riferivano che l’opera era stata oggetto di restauri sul fondo e sugli orli per essere apposta su un’altra tela al fine di assicurarne la conservazione. Un’iscrizione fino al restauro del 2022 incollata sul retro del quadro riporta la data 1470, il nome del pittore veneto e della città di Fermo. La tela, caratterizzata da un intimo legame psicologico intessuto tra la Vergine, il Bambino e lo spettatore, reca ancora le tracce di un’incorniciatura ovale ottocentesca che fu rimossa nel 1914. Maria, con lo sguardo rivolto all’osservatore, sorregge il Bambino il quale le si avvicina teneramente infilando la mano al di sotto del pesante manto. Il pittore veneto ha lasciato nelle Marche meridionali molte opere, che compongono ancora oggi un itinerario artistico che il moderno visitatore può intraprendere in un territorio detto, a buona ragione, crivellesco. Nato a Venezia nel quarto decennio del Quattrocento, compie la sua formazione tra le botteghe lagunari di Jacopo Bellini e di Antonio Vivarini per perfezionarsi in quella padovana di Francesco Squarcione dove spicca la presenza del giovane Mantegna. Dopo un soggiorno a Zara, sull’altra sponda dell’Adriatico, Crivelli si stabilisce nelle Marche, dove è documentato a partire dal 1468, restandovi fino alla morte. La prima attestazione della sua attività sulla scena artistica marchigiana è data dalla realizzazione di un’immagine della Vergine per il Palazzo dei Priori di Fermo. Nello stesso periodo si dedica alla realizzazione del polittico di Massa Fermana, eseguito per la chiesa dei Santi Lorenzo, Silvestro e Ruffino. Al periodo fermano vanno riferite anche la Madonna con il Bambino di Macerata e la Madonna del latte di Corridonia. Qui è a capo di un’importante attività ed esegue suntuosi polittici per chiese e conventi, in parte conservati ancora in loco, in parte smembrati fra musei e collezioni di tutto il mondo. Conoscitore del classicismo mantegnesco, si muove in un ambiente orientato verso la cultura padovana in quella accezione adriatica fiorita negli anni Sessanta e Settanta del Quattrocento fra Ancona, la costa dalmata e le Marche. Le sue opere coniugano il gusto tardogotico con le novità rinascimentali, il senso plastico e l’equilibrio compositivo.